Questa è una storia che mi hanno raccontato pochi giorni fa. Una storia che ricorda un incubo, evoca Kafka ma è figlia del mondo d’oggi. Protagonista una ragazza italiana di ventiquattro anni che ha studiato Storia dell’Arte a Londra, città dove adesso vive e lavora. Lavora da un anno in una galleria in centro, uno di quei posti però dove non ci sono quadri ma una realtà virtuale immersiva su un artista scelto (in forma di mostre questa tipologia è arrivata anche in Italia). Un normale pomeriggio d’agosto, Lei è di turno, entra al lavoro e racconta al suo collega (di colore) di aver appena assistito a una gara podistica sponsorizzata da un noto brand di articoli sportivi. Il collega ridendo dice che avrebbe potuto correre anche lui e la nostra connazionale ironizza sul fatto che c’erano molti giovani ragazzi neri africani e che lui non avrebbe avuto nessuna possibilità… A questo punto inizia il delirio: un altro dipendente della galleria, uomo ultra quarantenne di colore, inizia ad inveire in maniera violenta contro di Lei; accusandola di razzismo. Tutto questo di fronte a turisti esterrefatti, alla guardia che lo riprende per il modo in cui sta trattando una giovane donna; di fronte all’altro collega con cui Lei stava parlando e che si becca pure uno sputacchio destinato alla nostra protagonista…
Ovvio che la nostra giovane italiana di fronte a tutto questo si rivolge al manager presente in struttura e… colpo di scena…viene sospesa Lei dal lavoro a tempo indeterminato con accuse pesanti di razzismo… Tempo due giorni e viene convocata nuovamente dai manager del posto. Lei si presenta e viene rincarata la dose: nuovamente accusata di razzismo e trattata con supponenza. La nostra connazionale se ne va mortificata, certa di essere finita in un mondo surreale dove tutto è alla rovescia… Passa il fine settimana e le chiedono di tornare per un nuovo colloquio.Si presenta con un testimone questa volta. Lei però non avrebbe voluto andare, ancora scossa dall’accaduto. Poi ha deciso perché accompagnata dal suo collega di colore, che intanto l’ha difesa anche scrivendo una mail alla dirigenza. Finalmente un pochino di umanità. Una delle manager, una signora di colore sulla sessantina, la rassicura dicendole che farà di tutto perché non venga licenziata ma la decisione spetta al direttivo… hanno ricevuto una serie di mail dai suoi colleghi che parlano bene di lei, quindi Le dice di stare tranquilla…
Due giorni dopo le arriva una mail in cui le riconoscono il suo valore e la sua responsabilità sul lavoro ma… per mantenere il posto ci sono delle condizioni: dovrà seguire un seminario-corso sull’integrazione e sulla capacità di lavorare con chi è diverso. Dovrà tra sei mesi sostenere con i dirigenti un nuovo colloquio in cui dovrà dimostrare di essere cambiata e… cosa forse peggiore: fare un incontro pacificatore con non si sa quale mediatore Con “l’uomo nero”. Quindi potrà mantenere il suo posto di lavoro…
Cosa avreste fatto voi? Lei, dopo una attenta riflessione e dopo aver vagliato la possibilità di lavorare sempre per la stessa compagnia ma in un’altra sede, fa la sua scelta, l’unica possibilità… si licenzia… dando il suo mese di preavviso e utilizzando le ferie maturate per non mettere più piede in quel posto.
Davvero una storia moderna, che dovrebbe insegnare anche a noi alcune cose.