I vicini calabresi e il vino “naturale”

I vicini calabresi e il vino “naturale”

Ogni volta che ci invitavano a cena (o pranzo o merenda che fosse) papà ed io avevamo i brividi lungo la schiena. Passi la loro salsiccia grassa, speziata: ma saporita… fatta in casa; passi il loro grosso pane da lievito madre (ma l’ho capito poi) elastico, dalle grosse fette piene di bolle inspalmabili, acidognolo: ma saporito… passi quello, passi l’altro… tutto assai rustico, impegnativo per la digestione: ma buono. Decisamente rustico ma buono tutto, tranne il vino.

Il vino no, era un’altra cosa. Coloratissimo, per nulla profumato (un po’ vinoso) a volte puzzolente, alcolico, aspro, corposo, per niente gustoso ed assai squilibrato… poi le note acetiche diventavano via via più evidenti con il passare delle settimane. In primavera era aceto, ma te lo proponevano lo stesso. E a noi, a cui piaceva il vino, dispiaceva non poterlo bere. Era cattivo. E non valeva neppure il trucco di portarcelo da casa. Ogni bottiglia, dalla più plebea alla più nobile, veniva cassata con parole chiare: “ma no, non bere quello che chissà come è fatto… il nostro, invece, è “naturale” (le virgolette sono mie. Loro avevano certezze): non ci aggiungiamo nulla… solo uva”. In effetti era vero: pigiavano chicchi e raspi insieme (aspro), non controllavano le temperature (addio profumi), i rimontaggi erano voluttuari (puzze), non usavano solforosa (benvenuto aceto), filtravano male (fondo)… era un vino cattivo ma “naturale”.

Da allora, ho sempre chiesto al vino che fosse buono ed ho sempre diffidato di chi proponeva vini “naturali”. Per me non è una parola magica.

Con tante bottiglie alle spalle e un po’ di testa, mi piace il percorso che stanno intraprendendo alcuni produttori: niente chimica, niente filtrazione esasperata, nessuna manipolazione (che c’è nel vino)… Non so come andrà a finire. Anche perché le scuole di pensiero sono molte e tanti anche i gruppi (biodinamici, bilogici, tripla A, VinNatur, Vini Veri…) che seguono la via verso… verso cosa?

Dunque, per retaggio e per consapevolezza, non credo che la parola “naturale” sia un mantra e si possa spendere così, anche un po’ per criticare gli altri (e tutti gli altri vini come sono: innaturali?). Prima ci si dovrebbe discutere e legiferare un poco. Meglio fare vini buoni, anche con sistemi diversi e limitarsi a spiegarlo ai consumatori e non esibire medaglie che non esistono.

Hanno fatto bene i finanzieri a impedire che in un’enoteca romana si potessero vendere, così, “vini naturali” ben specificato in scaffale. E chi l’ha detto? Cosa significa? Chi lo certifica? E gli altri vini come sono? Bah… Diabolici vicini calabresi: hanno fatto proseliti!

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2 thoughts on “I vicini calabresi e il vino “naturale”

  1. Da “Wine News”: “Bere vino non è stato mai così sicuro per la salute
    Bere vino, per la salute, non è mai stato tanto sicuro come oggi. E questo grazie alla scienza e alla
    ricerca. Il perché lo spiega a WineNews il professor Attilio Scienza, docente all’Università di Milano e
    tra le voci più autorevoli del settore. “Primo perché non c’è nessun prodotto alimentare al mondo che
    sia tanto controllato come il vino, secondo perché la ricerca ha portato (e sta portando) a pratiche di
    vigna e cantina sempre più rispettose della materia prima, e poi perché l’igiene delle nostre cantine
    ormai è simile a quella di una sala operatoria”. Il vino, spiega Scienza, è fatto da “più di 600 composti
    chimici, ma che non sono aggiunti, fanno parte del vino. Non c’è mai nessuna correzione chimica, il
    vino si fa con processi fisici (la pressatura, il caldo, il freddo) o microbiologici, come l’aggiunta di lieviti.
    E poi l’igiene: oggi c’è la tendenza a ridurre l’utilizzo di solforosa, ma questo è possibile perché le
    cantine sono come sale operatorie, il pericolo di contaminazione di batteri è molto basso, e questo ci
    consente di fare vini con bassissimi tenori di solforosa, spesso al di sotto di quelli consentiti per
    l’enologia “biologica” a livello europeo. Poi è ovvio che se uno è allergico alla solforosa non deve bere
    vini che la contengano, come uno che è allergico al latte e non deve mangiare formaggio. Altro aspetto
    fondamentale è la gestione dei vigneti, sempre più di precisione e fatta con la lotta integrata. Si usano
    ancora prodotti come rame e zolfo, ma tanta chimica è stata ridotta, per la lotta ai parassiti si
    utilizzano strategie come la “confusione sessuale” che ne ostacola la riproduzione, o gli “iper-parassiti”,
    insetti che sono i nostri “alleati” nella eliminazione dei parassiti della vite. Tutto questo è frutto di anni
    e anni di ricerca delle Università, e anche i prodotti chimici ancora usati in vigna sono praticamente
    innocui per la nostra salute, perché l’Unione Europea è stata severissima nella selezione di ciò che è
    utilizzabile. E poi, se qualche residuo ci fosse, nell’uva, in fase di vinificazione precipita nelle fecce e
    viene eliminato, per cui nei vini non c’è mai, in nessun caso, residuo di prodotti della lotta
    antiparassitaria. Insomma, il vino che arriva oggi al consumatore è un prodotto assolutamente sicuro”.

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