Vecchi a chi?

Quando Filippo ha compiuto ad inizio luglio i suoi importanti diciotto anni, ho aperto una bottiglia di barolo docg del 2002 messo via proprio per lui. Era un vini ancora buono, anzi ottimo. Ed ero convinto di aver raggiunto il massimo o quasi. Invece, zac!, Jacopo mi chiede di accompagnarlo ad assaggiare dei vini e mi ritrovo ad ascoltare la storia di una cantina dormiente il cui patron oggi scomparso selezionava uve pugliesi di negroamaro, le vinificava con grande attenzione e conservava i vini in grandi vasche di cemento (tornato oggi di moda); realizzava blend o vendeva annate assai lontane agli appassionati che, in tanti, lo seguivano.

Oggi la cantina, appunto, dorme ed è in attesa di un rilancio. Un nuovo corso che riprenda le scelte che la fecero famosa (premi, citazioni, riconoscimenti). Una nuova imprendioria. Nell’attesa ha già esplorato nuove vie in Cina, Paese che sembra appassionato di vini rossi, rari ed invecchiati.

Noi abbiamo assaggiato quattro annate di questi vini: il ‘49, il ‘54, il ‘59 e da ultimo il giovane ‘78, come outsider. Nessun difetto al naso, note di caramello; in bocca leggero amaro sul finale, tannicità (dopo tutti questi anni?), equilibrati, sapori piacevoli di frutta. Il ’49 meglio del ’54 (troppo giovane? ah ahaha). Longevi e buoni.

Una bella sorpresa, una storia da raccontare. Un percorso da riprendere.

Voi intanto accontentatevi delle foto.

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