Boca sì o boca no: perché?

Boca sì o boca no: perché?

Ci sono molte ragioni per apprezzare il boca doc. Ma altrettante per disdegnarlo. Riflessioni fatte attorno ad un bicchiere di boca doc Le Piane 2011, premiato (e che bell’orgoglio localistico che mi pervade) dalla guida Ais Vitae 2017.

Si tratta infatti di un vino dai profumi lunghi ma non necessariamente intriganti. Frutta sì, ma più marmellata che frutto. Ed in bocca era magro, asciutto. In questo caso non aspro come molti boca doc sono.

In generale il boca doc è un vino che piacere per il contesto: una terreno pietroso, unico di basalti d’antiche eruzioni; una vigna che combatte il bosco umido imperante; frutti che devono essere difesi dall’assalto di legioni di volatici, plotoni di camosci e drappelli di cinghiali. Una passeggiata fra i vigneti vale comunque più di cento parole. Poi il boca doc deve piacere per il suo carattere spigoloso, per la sua irresolutezza, per la mancanza di compiacimento e di “gusto internazionale”. Da interpretare, capire… un vino “difficile” dicono gli esperti.

Si deve anche capire perché il testimone di un territorio simile: a nord, fra i boschi, su basalti della Pangea, lavorato da poche e piccole aziende… ecco, dicevo, bisogna anche capire perché un vino simile costa come un blasonato omologo a base nebbiolo del Piemonte meridionale. Forse anche di più. A volte.

Ci sarebbe da discutere a lungo, ma perché uno deve pagare caro un vino che non si fa piacere alla prima bevuta? Che devi conoscere? Che fa “figo” in poche situazioni? Che costa caro? Perché? Ai posteri l’ardua sentenza. Io, per me, ogni tanto una bottiglia la apro. Ma non ho ancora capito il perché…

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