Partecipare a un corso di aggiornamento per giornalisti può riservare sorprese inaspettate, grazie Franco Filipetto. Sorprese non soltanto per la qualità dei relatori o per l’attualità dei temi trattati, ma per i luoghi che — talvolta — fanno da cornice all’apprendimento. È stato così ad Arona, nella bella Villa Ponti, dove, fra un intervento e l’altro, siamo stati catturati dalla storia che quelle sale racchiudono e fanno intravedere.
Villa Ponti non è infatti solo una sede di convegni o mostre: è la casa natale di Gian Giacomo Ponti (1878-1939), ingegnere aronese e pioniere delle telecomunicazioni italiane. Dopo la laurea al Politecnico di Milano, Ponti si trasferì negli Stati Uniti, dove lavorò alla General Electric e fu allievo e collaboratore di Thomas Edison. L’esperienza americana lo segnò profondamente: ne trasse una visione moderna della tecnica come motore di progresso sociale. Tornato in Italia, contribuì alla diffusione dell’illuminazione elettrica e, nel 1925, fondò la STIPEL, la società telefonica interregionale di Piemonte e Lombardia, antesignana della futura SIP e poi di Telecom Italia. Negli ultimi anni, ritiratosi nella sua Arona, Ponti visse un periodo di crescente isolamento, in parte dovuto alla salute, in parte a una certa indifferenza del Paese verso i suoi pionieri. Morì nel 1939, quasi dimenticato, nella villa che lo aveva visto nascere.
Proprio in quella cornice, ascoltando i relatori del corso, è stato presentato un altro grande dimenticato: Innocenzo Manzetti (1826-1877), valdostano di nascita ma con origini familiari a Invorio, che visse un’esistenza dedicata all’invenzione e alla meraviglia meccanica. Il Museo Manzetti di Aosta oggi ne custodisce i modelli, gli strumenti e i progetti, rivelando un ingegno fuori dal tempo: automi, macchine idrauliche, strumenti ottici, orologi e persino un prototipo di automobile a vapore.
Fu proprio mentre lavorava al suo straordinario automa suonatore di flauto — capace di emettere note, respirare e muovere le dita grazie a un complesso sistema di leve e aria compressa — che Manzetti scoprì per caso un principio acustico destinato a cambiare il mondo: capì che la voce poteva essere trasformata in vibrazione e trasmessa elettricamente. Nasceva così, quasi per caso, il suo “telegrafo parlante”, precursore del telefono. Era il 1865, più di dieci anni prima del brevetto di Bell.
Seduti nella sala di Villa Ponti, davanti a relatori appassionati e preparati, era impossibile non sentire la forza di quel filo invisibile che unisce Manzetti e Ponti, due uomini diversi ma mossi dallo stesso spirito: la curiosità e la fiducia nella scienza come strumento di connessione umana.


