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Come un artigiano verbanese ha modificato uno strumento musicale e lo vende in tutto il mondo
Blog di Riccardo Milan: pensieri, vino, cibo, riflessioni, film, letteratura ed attualità gastronomica fra il Lago d'Orta e un poco di mondo.
Come un artigiano verbanese ha modificato uno strumento musicale e lo vende in tutto il mondo
Quanta roba si può imparare ad un corso on line sui funghi! Per esempio che esistono come regno a sé solo dal 1969 (anno topico quello!)
Per la Giornata Mondiale del Teatro, una chiacchierata fra me, Raffaele della Fita e Stefano dell’Unpli
Condivido un articolo da me scritto per Arcobaleno d’Italia, bella rivista dell’Unpli Nazionale. Buona lettura!
i signori che costruirono il quartiere sono quasi tutti morti, alcuni figli se ne sono andati ed altri rimasti; si sono aggiunte altre famiglie che arrivano da ancor più lontano: romania, albania e brasile… tutti lavorano ed hanno figli. Ci si saluta, si fanno due chiacchiere. I loro figli giocano con i figli del mix presistente, dando vita ad una nuova generazione di italiani che studierà, lavorerà, si sposterà ancora. Altro che centro e periferia: tutto sarà mescolato.
La mia scuola fa delivery e lo fa per arricchire l’esperienza laboratoriale degli allievi. Il delivery è infatti aperto solo ai dipendenti e agli studenti della scuola, con i loro familiari ovviamente. Devi penotare giorni prima e andare a ritirare quando hai concordato. Un bel sacchetto di carta, scatolette e strane buste all’interno (c’è anche un cocktail pronto). Arrivi a casa e segui le precise istruzioni et voilà: la cena (o pranzo) è fatta! Non male davvero.
Musica opulenta e vini altrettanto ricchi, corposi, ridondanti… ecco, seguo una lezione on line sui vini e la relatrice ci regala una compilation rock ispirata ai vini “super” degli anni che furono: i vini “super”, blend di vini e lunghi passaggi in barrique, vini “muscolosi” di alcol, tanto colore, morbidezza e profumi terziari a go go…
Vorrei tornare a Pontiana, un punto fra Novara e Vercelli. Ci sono passato un settembre di due anni fa, percorrendo le vie e le strade fra le risaie. Ieri era un posto tappa per i pellegrini lungo la Francigena, oggi l’antico convento è abitato da creature silenziose, uno spazio fra due mondi. Del passato conserva il bel chiostro e l’antica chiesa con affreschi medievali. Affreschi di santi, martiri, miracoli, storie antiche, sotto cui dormivano i pellegrini.
I ristoratori ok, ma anche le donne con figli (e un lavoro) sono tanto vittime di questi lockdown, e in più della Dad. Su di loro, infatti, si scarica ancora tutto il peso dei ragazzi a casa, del lockdown familiare e della Dad
Di infrastrutture fisiche ne abbiamo tante, miglioriamole, rendiamole sostenibili; usiamo il digitale per ridurre spostamenti, aiutare i piccoli centri, ampliare l’offerta; riusiamo le strutture che abbiamo già (perché l’ospedale nuovo del Vco su un terreno vergine? Perché l’ennesimo magazzino? Perché non usare fabbriche vecchie ed abbandonate? Perché?). Spero di sbagliarmi: non vorrei che i nostri giovani fossero mandati ancora una volta “al massacro”.
Da quando è incominciato questo “big crash” ho imparato a fare molte cose. Ho imparato a stare da solo, senza sentirmi solo. Ho imparato a gestire i miei contatti, per non perderne nessuno. Ho imparato ad usare la tecnologia, senza snobisticamente dirmi contrario. Ho imparato… Davvero molte cose.
Mangiate abbondantemente per secoli, da poveri, ricchi e borghesi, oggi in cucina sono un poco neglette. E questo da anni, complice forse anche una comunicazione igienica e nutrizionale confusa e contraddittoria. Eppure, Gabriele D’Annunzio le adorava, sotto forma di frittata ed ha vissuto una vita piena e lunga. Boh!? Nei ricettari classici, Ottocento e primo Novecento, come l’Artusi, le ricette sono tantissime; nei ristoranti moderni però non appaiono più, se non in abbinamento, magari con asparagi o tartufo, o se figlie di una storia originale, ricercata o preziosa, come le uova di certi allevatori. Insomma, danno l’idea di essere marginali nel dibattito gastronomico-culturale della contemporaneità.
Non so quando, né perché: ma ad un certo punto io e altri momentanei amici siamo a Bruxelles. Tanti anni fa. Girovaghiamo per il centro e beviamo birra, tanta e buona. In uno di questi locali o forse all’ostello facciamo amicizia con un simpatico, maturo (50anni, più?) hippy appena tornato dall’India; che si è poi accompagnato con noi, giovani un po’ scrausi, per un paio di giorni.