Una bella idea a metà…

Quella del cavatappi Vaja è una bella idea: bella perché innovativa e bella perché richiama ed aiuta problematiche recenti. Si tratta infatti di “un cavatappi innovativo” (leggiamo dal comunicato stampa) che porta il nome della “tempesta senza precedenti che alla fine di ottobre del 2018 ha devastato il paesaggio delle Dolomiti, distruggendo in Veneto ben 12.000 ettari di boschi”. Il cavatappi sarà “molto di più di un gadget ufficiale dell’evento… in occasione del 53° Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana Sommelier che si terrà a Verona il 22 – 24 novembre” pv.

Vaja

Il cavatappi “numerato e prodotto in edizione limitata, racconta una bella storia italiana che ha come protagonisti la creatività, l’abile artigianato, la sostenibilità e la solidarietà. L’ideatore èClaudio Burato, al timone dell’Hosteria del Durello di Montecchia di Crosara (Verona), uno chef–inventore”. La sua novità è “la mobilità del perno su cui è fissata la spirale del verme; ciò permette di allungare l’estrazione del tappo in un unico movimento compiuto senza alcuno sforzo, con una sola leva”. La sua realizzazione è stata affidata “alla storica azienda Farfalli di Maniago (Udine)… dalla scelta delle materie prime alle finiture”. Ok, tutto bello: ma la beneficenza? Ecco qui: “il ricavato delle vendite sarà devoluto a un progetto di ricostruzione del patrimonio forestale della regione”. Bello. Però…

Però si legge di “finiture in legno di olivo” e di un astuccio realizzato in “fibra di cellulosa che proviene da foreste e piantagioni certificate FSC”. Ovvero, né l’uno né l’altro dai boschi veneti (o meglio, forse il secondo. Ma non è specificato). E dunque, a mio opinabile giudizio, un progetto di beneficenza a metà. Il cavatappi Vaja sembra così perdere di grandezza: un bell’oggetto, sembra dire il ragionamento, venduto per beneficenza (a chi e come, poi si vedrà) ma niente di più (e anche molto però, sottolineo): come fosse una bella bottiglia di vino, un cesto di frutta, un bonsai…

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