Una Terza Via

Se nei saloni, nei banchi d’assaggio delle birre artigianali sembra d’essere ad un concerto “indie rock”; se alle degustazioni di vini, al contrario, sembra d’essere ad una cena di gala; ai saloni dei vini “naturali” c’è un’atmosfera che sta in mezzo: qualche cravatta ed elegantissime signore, ma anche giovani hipster (una volta si sarebbe detto “radical chic”) con le loro magliette originali, giacche e cappelli vari. Ma non mancano neppure piercing, tatuaggi, virate rock; ma neppure felpe e scarpe griffate, camicie con il monogramma… Insomma, una terza via: giusto in mezzo. E alla gente sembra piacere, visto che Fornovo Taro (Parma) ho visto domenica scorsa due tendostrutture piene di gente per assaggiare (e comprare) i vini dei Vini di Vignaioli. La “nouvelle vague” del vino: vini biologici, biodinamici, senza solforosa aggiunta, senza lieviti selezionati, senza filtrazioni… senza senza senza… spesso senza senso.
In effetti, a volte, mentre assaggiavo vini dai profumi di mela, aceto di mela, aceto di vino, dai profumi terziarizzati, secchi perché senza zuccheri, inconsueti; spesso, dicevo, mi veniva in mente il mio Maestro Luca Maroni che mi parlò anni fa di vini bevuti con la bocca e di vini bevuti con la testa. Ecco, dicevo fra me e me: “questi sono vini che bevi con la testa: ti debbono piacere perché… perché sono bio, perché sono steineriani, perché dicono essere “come una volta”, dicono di essere “naturali”… cosa voglia dire “naturale” poi non è dato sapere. Certo, apprezzi lo sforzo. Ti piace l’entusiasmo (vero o presunto) dei vignaioli, spesso giovani (e dunque per distinguersi cercano nuove vie), spesso istrionici (e per questo molto apprezzati), spesso convinti più dei loro maestri (Nicolas Jolie -o Joly non ho capito-, in primis)… Ti piace quest’atmosfera più rilassata, senza sommelier, inchini e baciamani… Ma, ma i dubbi restano: il dubbio di essere di fronte a molta “fuffa”, in buona o mala fede; o di essere di fronte a degli aspiranti stregoni che fanno pagare al consumatore (e tanto) il prezzo delle loro ambizioni e delle loro sperimentazioni.
Ma qualche nome, frutto di assaggi casuali (c’erano credo un centinaio di vignaioli con a testa circa quattro vini!), ve lo voglio dare, senza classifica però. Questi, qualunque sia la loro storia, il loro “viaggio”, fanno vini buoni. E tanto basta.
Ecco: Redondel da Mezzolambardo (Tn), Cotar dalla Slovenia, Castello di Stefanago da Borgo Priolo (Pv), Denis Montanar da Villa Vicentina (Ud), Casa Caterina di Monticelli Brusati (Bs) e Vignai Da Duline (Ud). Una precisazione, però: i miei giudizi corrispondono ad un gusto medio: cioè capace di concepire profumi inconsueti anche senza amarli; e altrettanti equilibri e gusti non sempre bilanciati e piacevoli a primo acchito. Dico questo perché, nella giornata di degustazione, mi è capitato più volte di sentire espressioni come “gusti più radicali”, “profumi più originali”. L’impressione, superficiale, è che si stia formando un nuovo gusto. Magari un giorno certi difetti diventeranno un pregio.
Prosit!

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