Tre Convegni Enogastronomici in Sette Giorni

Tre convegni in sette giorni, roba da non credere. Ho tenuto tre convegni in sette giorni su tre tematiche assai differenti: il primo, sabato scorso, nella Galleria d’arte Labor Art di Piedimulera (Verbania) per parlare di “Eros e Cucina”; il secondo, domenica scorsa, a Cantù, su “Vini e Sapori di Lombardia”; e il terzo, giovedì scorso, a Cureggio (Novara) a parlare di “Cucina degli Altri”. Buone soddisfazioni in ognuno dei tre momenti ed ora riposo, perché, anche se il lavoro intellettuale è negletto, mi sono costati tempo e fatica e conoscenze pregresse… almeno sei ore di ricerca e stesura scaletta per il primo; tre ore di ripasso ed approfondimento per il secondo; cinque ore di ripasso, approfondimento e scaletta per il terzo.
Ma ecco qualche passaggio della prolusione su “Eros e Cucina”:E nelle letteratura cosa si dice. Sfogliando la corposa Antologia “La passion dominante” di Guido Almansi e Roberto Bartolini ci si accorge che il rapporto fra cibo ed eros prosegue nei secoli. Ecco alcuni esempi:
Niccolo Machiavelli su una cena prodromo di una serata d’amore con una pastorella (un archetipo erotico per secoli) “Poi trasse d’uno armario una cassetta/dèntrovi pane, bicchieri e coltella, / un pollo, una insalata acconcia e netta; … godiamo dunque”; il fico per assonanza e per forme ricorre spesso, dice Francesco Maria Molla “Avanza d dolcezza ogn’altra cosa, / zucchero, marzapan, confetti, e miele, ed utile è più assai che non pomposa.”. Capito utile frutto. Difficile invece scoprire l’aspetto erotico della fava, ma secondo Annibal Caro “Se tu vuoi, Cencia mia, questa mia fava, / dammi il tuo Fico fiore”… l’erotomane Giambattista Marino ritorna all’immagine della mela dichiarando che “e dir parea allor volta a le stelle: / “avete su nel ciel poma più belle?””. Più popolare il Giorgio Baffo che paragona le terga dell’amata ad un melone: “Ti me par un melon taggià in do fette”. Bella idea per artisti componimenti gastronomici.
E ancora mele in Tommaso Crudeli che recita: “le due poma rotondette, / candidissime qual latte”. Giovanni Pascoli introduce elementi floreali, anch’essi da tempo legati all’eros: “Ti slacci il busto. Odore di viole / bianche è nell’orto. Oh lascia come prima. / Bello è come è. Non altro fiore ci vuole. / Ci son due bocci ch’anno il rosso in cima”. Fiori anche per il Gabriele nazionale: “… sentivo / le punte del suo petto insorgere, al lascivo / tentar de le mie dita, quali carnosi fiori.. O bei fiori vermigli – in cui eran sapori / de’ più teneri frutti che tarda su le soglie / de l’Estate ridendo ultimo riso coglie”… Ma anche frutti non meglio specificati. Fausto Maria Martini, crepuscolare minore, gioca sull’ironia antidannunziana: “quei boccioli socchiusi: ora li guardi… / Ti guardano essi! Son rose o cardi?”. Mah, crepuscolare minore effettivamente. Cardi? Sempre fiori e non frutti per Alessandro Giribaldi che parla di “le rose del tuo seno odorante / nell’ampia scollatura e i tenui gigli / del tuo collo sottile…”. Frutta invece per Farfa futurista che parla di amori saffici e di “colazioncella / con fragolette di mammella”. Torna all’antico Umberto Saba che ne La Fanciulla Nuda parla di “selvetta ombrosa” e di “Due ancora tondeggianti / poma con grazia unite”. “.

Ed ora, Vinitaly! Per l’ultima volta, credo. A Verona snobbano appassionati e blogger…

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