Spigolature e riflessioni a margine del Calice d’Oro

Finalmente mi sono arrivati i punteggi dei vini assaggiati il 5 novembre scorso, nella sessione di degustazione del concorso enologico “Calice d'Oro”. Concorso dedicato ai vini delle Colline Novaresi. Quest'anno facevo parte di una delle tre commissioni di degustazione dei vini partecipanti. Ne ho assaggiati 36: 18 la mattina e 18 il pomeriggio. Vini bianchi, vini rossi giovani, vini rossi da invecchiamento. Ed ho dato i miei voti; potendoli oggi confrontare con i risultati finali.

Per esempio, il vino bianco che ha vinto, il Colline novaresi doc bianco Lucino 2009 di Barbaglia di Cavallirio, è piaciuto anche a me. Visto che gli ho dato 84/100. Non così tanto, comunque. Infatti gli ho preferito il Colline novaresi doc bianco 2009 di Castaldi Briona, a cui ho dato 85/100. Nell'elenco dei premiati è al secondo posto, dopo il vincitore: logica o casualità? Infine, ho dato 82/100 al terzo: il Colline novaresi bianco 2009 di Grossini di Suno.

In linea con gli altri giurati (enologi e giornalisti locali, supervisione dell'Associazionme enologi ed enotecnici), ho premiato con 85/100 il buon Colline novaresi doc barbera Campazzi 2008 di Brigatti Suno. Vincitore nella sua categoria. Un po' meno ai tre vini successivi: La Rovla 2008 Zonca di Boca (82/100); il Montalbano 2008 Marcodini di Borgomanero (è il proprietario del ristorante Paniga, viticultore per passione crescente. Credo vinifichi da Zanetta a Sizzano). 83/100; e il barbera Belvedere della Zoina 2007 (82/100). Non male tutti, davvero. E complimenti a Brigatti di cui ricordo il mitico Mont Ziflon (si scrive così?).

Non ho assaggiato, invece, il vincitore della categoria “nebbioli da invecchiamento”. Cioé il Fara doc Lorenzo Zanetta 2005. E neppure i successivi. Questo per le logiche combinatorie delle tre commissioni. Ho dato 83/100 al “non male” (parole mie scritte sulla tovaglietta) Boca doc 2006 di Marcodini. Ed un analogo punteggio al ghemme docg 2005 dei F.lli Ioppa. Il resto, nebbia.

 

Cosa dire, in generale? Che le capacità tecniche dei viticultori novaresi sono ormai assodate, tranne alcuni casi evidenziati in degustazione. Ma pochi. E che i limiti oggi appaiono essere quelli dettati dal disciplinare. Mi faccio capire: è così utile insistere sull'erbaluce? E l'invecchiamento è ancora una pratica necessaria? Io direi di no, in entrambi i casi: l'erbaluce non dà risultati eccitanti per profumi, corpo, morbidezza… e se provassimo altri vitigni? E se trovassimo un nome che segni il territorio e non il vitigno?… E, visto che invecchiare (ops… maturare) i vini non è più necessario per renderli bevibili, perché non tenere questa pratica come rispetto alla storia e intanto provare al di fuori della tradizione enologica alla ricerca di vini sì maturati a lungo (più o meno) ma maggiormente piacevoli, facili da bere? Non vorrei sempre pagare il prezzo di meno profumi uguale più morbidezza ed equilibrio. Perché non avere entrambi? Perché non immaginare un ghemme docg con un mix di profumi secondari e terziari? Perché? Vedremo… 

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