Siamo tutti un poco borgognoni: quattro

Dopo Montagny è la volta di Mercurey, paesello gemellato con Sizzano: “avec 700 hectares de vignoble et 1500 habitants… est un village typique de la Bourgogne… depuis 1936 il est entré dans le Appellations d’Origine Controlée… aujourd’hui, le Pinot Noir, à la plus del 90%, et le Chardonnay, pour una modeste partie, donnent naissance à trois millions de bouteilles par an”. Tutto chiaro? Direi di sì. Però noi incominciamo con l’assaggiare proprio i vini a base chardonnay. Ospiti del Domaine Michel Juillot. Nel cortile fanno bella mostra di sé decine di botti, piéces, usate. Se le vogliamo ce le vende. Ma chi ha lo spazio in macchina e in casa!

Spazio per assaggiare i vini, invece, lo troviamo. Li assaggiamo tutti in botte. Eccoli. Cominciamo con un Bourgogne Còte Challonaise del 2007: profuma di mela, di frutta a polpa bianca, pera, fico. È fragrante, con un poco di agrumi. In bocca è corposo, spiccatamente fresco. Piacevole; il Mercurey bianco del 2007 ha piuttosto profumi di fiori, salvia, note vegetali. In bocca è fresco, corposo. Nell’insieme più equilibrato rispetto al primo; lo stesso vino, però maturato in botti di rovere americano, ci appare caratterizzato da profumi vegetali piuttosto che floreali: salvia, un che di agrumi. In bocca è corposo e fresco; quello passato nelle botti di acacia ha profumi sempre di salvia, vegetali. In bocca è però più morbido, più caratterizzato dal legno. Diversi; poi assaggiamo il Mercurey Premiere Cru Clos de Barraults del 2007, in due versioni: due botti diverse, rovere francese e rovere americano. Il primo ha tanto sentore di legno, molto profumato di fiori, frutta a polpa gialla. In bocca è citrinico, dolce. Ancora da armonizzare. Da bersi più avanti; il secondo, invece sa di legno e di fiori. Ha molto profumo, sa un poco di agrumi. In bocca è ancora molto fresco ma già più pronto; chiudiamo la degustazione dei bianchi, con il Corton Charlemagne, Grand Cru. Annata 2007, 35 quintali per ettaro di resa. Vino dunque assai costoso. Non fosse altro che lo spacciano per essere uno di quelli preferiti dall’Imperatore del Romano Imparo. Come lo troviamo? Io, coi pochi degustatori rimasti, l’ho trovato profumatissimo, di frutta matura, di pera; in bocca morbido e fruttato. Decisamente buono. Usciamo a “riveder le stelle”, pronti per il pranzo. Intanto penso a questi vini: tutti dotati di una incredibile freschezza e di una ricchezza di estratti (profumo e gusto) tali da renderli vini longevi. Che si possono bere, dopo anni. Non ci fa male pensarlo. Fra qualche anno apriremo una bottiglia del 2007 e ripenseremo ai giorni passati in Borgogna. Magia del vino!

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