Ritorniamo in Trattoria

La libertà è il valore più alto nella vita di un uomo. Libertà anche a tavola. Una tavola che è soprattutto tradizione e rapporto più equanime fra cliente e ristoratore: sì ai piatti della tradizione, alla tavola conosciuta, rivista con garbo ed intelligenza; sì alle trattorie dunque e no ai ristoranti stellati.

Questo in sintesi il pensiero di Arrigo Cipriani, famosissimo imprenditore veneto, che viene espresso in un bel libretto che ho comprato volentieri dopo una presentazione pubblica: “Tutti gli chef sono in Tv e noi andiamo in trattoria”. Bello.

Il libro è diviso in tre parti: nella prima si fa la storia della cucina italiana dal secondo dopoguerra, un po’ utilizzando i ricordi ma anche una dettagliata e curiosa ricerca storica, da modernariato ci verrebbe da dire; nella seconda si delineano le figure degli chef (e non chef) televisivi italiani e statunitensi, in maniera garbata ma senza sudditanza; nella terza si presentano alcune vere trattorie venete selezionate da Cipriani stesso.

L’ottantenne imprenditore (decine di ristoranti e locali nel mondo, a partire dal veneziano Harry’s Bar”) detta infatti le regole affinché un locale si possa definire “trattoria”, chiedendo ai lettori di segnalarne per una futura pubblicazione.

Quali sono le regole? Quindici punti: non essere nella guida dei copertoni; luci giuste niente musica; buona acustica; niente odori di cucina; stoviglie normali, piatti bianchi e rotondi; bicchieri normali; tovaglie e tovaglioli di tessuto; accoglienza personale spontanea e sincera; meglio se familiare; niente menù degustazione; libertà di scelta (anche un solo piatto dalla carta); piatti semplici di qualità della cucina tradizionale e locale con rispetto del gusto italiano; niente descrizione enfatica degli ingredienti; meglio dolci fatti in casa; buona carta dei vini con possibilità di bere il vino della casa.

Ecco, i punti li avete: mettetevi alla caccia delle vere trattorie. Poi ci passate le informazioni.

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