Mai più al Il Borro

Non andrò mai più a Il Borro. E me ne dispiace. Sapere che una tua allieva è stata selezionata fra i finalisti del concorso Sommelier Junior 2011 e non poterla seguire nelle fasi della gara che si terrà nella tenuta Il Borro in Toscana, ciò dispiace. Avrei voluto vivere anch'io qualche ora nello stile toscano che ha fatto scuola nel mondo, diventando un archetipo ancor più che una realtà (non solo per Il Borro, ovviamente). Ma altri hanno diversamente scelto e al sottoscritto non è rimasto che stare alla finestra e limitarsi ad assaggiare i quattro vini prodotti colà. Anche loro, quasi del tutto, vini – archetipo. Cioè vini che ti aspetti che si facciano in Toscana, in un elegante tenuta toscana. Vini solo un poco tradizionali e molto molto aperti al mondo, vitigni, metodiche, marketing. Ed erano, per la precisione: il Lamelle 2010, un bianco senza troppa convinzione: profumi leggeri e corpo magro. Buono ma non diverso da tanti altri chardonnay. Ma elegante nella presentazione: in etichetta una bella conchiglia. Sette; poi il Polissena 2007, un sangiovese in purezza che ben mostrava la natura aggressiva di quest'uva dai profumi selvatici e dalla freschezza irruente. Qui 12 mesi di barrique un poco domano questo carattere non necessariamente facile. Otto; terzo vino assaggiato, il Pian di Nova del 2008. Mix di syrah (75%) e sangiovese. Mesi di barrique. Internazionale, pieno, complesso e piacevole. Otto: quarto vino, Il Borro 2007. Un vino assai complicato, mix di merlot (50%), cabernet sauvignon (10) e petit verdot… affinamento di 18 mesi in barrique. Vinone super… Otto e mezzo. Tre rossi da cacciagione, direi, e questo anche per ricordare che Il Borro fu tenuta di caccia degli Amedeo D'Aosta.  

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