L’Islam in Cucina

L’Islam in Cucina

Sono stato chiamato da una cooperativa, una di quelle che si occupa di giovani disagiati, per parlare con un loro protetto che voleva, forse ma non sapeva, fare il cuoco. Si è presentato un ragazzo di colore, carino, sportivo, cellulare e cuffie, cappello da basket in testa.

Non aveva le idee chiare, ma mi è sembrato in gamba. Sveglio. Ad un certo punto però mi è venuta una fulminazione. “Tu sei mussulmano?”. “Sì”. “E come pensi di poter cucinare tutto? Vero: i cuochi non assaggiano tutto sempre. Ma sanno che certi sapori accostati danno quel risultato… una volta, almeno, devi assaggiare”. Ciondolava la testa sorpreso, incredulo. “Non posso, ripeteva”. “Ma non puoi chiedere una dispensa anche temporanea?”. “No, no, no…”.

Detto ciò il discorso è scivolato via con molta tranquillità e franchezza. Lui da una parte sorpreso che in Italia non esista una scuola pubblica in cui possa imparare a cucinare secondo i dettati dell’Islam. Magari c’è, in giro, però gli ho detto: un corso regionale supporrei. E forse qualche corso a pagamento. Ma io gli spiegavo anche che la scuola pubblica offre un apprendimento ad ampio spettro, che gli studenti debbono assaggiare e poi, una volta imparato, fare le loro scelte. Gli ho anche consigliato di seguire il corso di sala, bell’indirizzo assai richiesto, dove un assaggio non è obbligatorio: cioè un cameriere deve sapere come vengono fatti i piatti, gli ingredienti… non sono obbligati però ad assaggiare tutto.

Gli ho anche detto che un barman mussulmano sarebbe una benedizione, perché –appunto- non berrebbe alcolici. Ma una volta ogni tanto, per sentire i sapori, dovrebbe farlo. Anche in questo caso, però, diniego ripetuto da parte sua.

Che dire? In realtà, ogni tanto, capita anche nella scuola che una famiglia italiana scambi il servizio pubblico (cioè pagato con i soldi di tutti) in un servizio privato. Ne saltano fuori di tutti i colori: “a mio figlio non piace la carne”, “mio figlio non ama il pesce”, “mio figlio è vegetariano”… ovvio che la scuola dà corso alle esigenze sanitarie, con molti limiti (come si fa a garantire sempre un celiaco in cucina dove si cucina di tutto?). Ma per il resto nulla.

Nessun cuoco islamico da scuola pubblica dunque? Non so. Io la trovo comunque una sciocchezza: perché limitarsi a priori? Non ci possono essere deroghe  temporanee? E contro, perché il servizio pubblico dovrebbe preoccuparsi delle esigenze, non sanitarie, delle minoranze? Degli stili di vita, mi verrebbe da dire. Ma io ho una cultura laica e molti no.

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