Il tequila

Roba da non credere: “la tequila” non è donna ma maschio. Si chiama, infatti, “il tequila”. Almeno così ci ha raccontato Danilo Lo Cacciato, brand ambassador, della Jose Cuervo, ospite Hospes presso l’Istituto Alberghiero di Stresa. E se lo dice lui che è pagato per promuovere “il tequila” in Italia, gli dobbiamo credere. Lunedì 5 marzo ha tenuto una breve lezione ai soci Hospes, ad alcuni studenti del quarto anno (in mattinata a tutte le terze) e al personale tecnico e docente della Scuola.

Oltre alle caratteristiche di genere, la lezione di Lo Cacciato è servita per scoprire un liquore di cui, noi compresi, vi è un’idea vaga nel nostro Paese. Si è così scoperto che si può produrre con questo nome solo in cinque regioni del Messico. Se fatto altrove non si può chiamare tequila, ma, per esempio, mescal. Si può, però, imbottigliare ovunque: basta comprare il tequila in aziende che lo producono in quelle cinque regioni. Il suo nome deriva dal vulcano Tequiliano. Si ricava dall’agave azzurro (Agave Tequiliana Weber Azul); o meglio, dalla pigna dell’agave: cioè da quella parte che rimane dopo aver tolto, a taglio, tutte le foglie carnose e pungenti. Pigne da 50 a 200 chili l’una, che nella forma ricordano l’ananas (ecco perché piña, pigna in italiano, proprio come il frutto tropicale). Una volta raccolte, vengono cotte al forno per 22 ore, al vapore. Poi si pressano con dei cilindri e si ricava “l’aguamiel”. Una bevanda dolce che i messicani devono tranquillamente. Poi si fa fermentare il tutto e si distilla, infine, due volte. Fino ad avere un distillato di circa 55/56°. Lo si porta, infine, alla gradazione voluta, aggiungendo acqua distillata. Curiosità! Per noi europei la gradazione è di 38°, per gli statunitensi e americani in genere è 40°; per i giapponesi (accipicchia!) è di 43°. Prima di essere venduto, il tequila può essere lasciato riposare più o meno a lungo in botti di rovere: piccole o meno, nuove o meno. Il legno gli dona le caratteristiche nuances di vaniglia, di tostatura… il colore vira dal bianco al giallo ambrato.

Lo Cacciato ci ha fatto assaggiare quattro tequila della marca Gran Centenario, del gruppo Cuervo, prodotto di punta. La prima, Gran Centenario Plata, secca, dal profumo di agave, dolce. Piacevole; poi un Gran Centenario Reposado, dieci mesi in barrique, dal color oro pieno, intensi profumi di legno, vanigliati, speziati, intensi; un Gran Centenario Reposado Anejo, dai 18 ai 36 mesi in barrique, ambrata, dai profumi dolci e complessi di un grande brandy; ed infine, una chicca, ha fatto assaggiare una Jose Cuervo Reserva della Famiglia, una miscela di tequile, anche vecchie di trenta anni, , affinata in botti di rovere francese ed americano, con profumi dalla vaniglia al caramello, arancia candita.. Interessantissima.

Una lezione, dunque, graditissima. Molto istruttiva. Altro che la “tequila bum bum” della bevute giovanili! Un liquore da sorseggiare o da miscelare con gran maestria e gran piacere degli ospiti.

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One thought on “Il tequila

  1. Finalmente ho trovato il blog!!! Mah mi sa tanto che io la continuerò a chiamare “la tequila” perchè suona meglio… Se inizio a dire “il tequila” mi prendono per pazzo! Perchè non mi porti anche a queste degustazioni di liquori??!

    Complimenti per il blog Professore!

    A presto

    Simo

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