Curioso prosecco

Incuriosisce il prosecco: un vino che ha perso il nome proprio per diventare un nome comune. Almeno nei tanti bar che frequento: entri e chiedi un prosecco. Ti servono un vino con le bollicine, con un sapore dolce, non sempre aggraziato; non sempre profumato. Vini che stupiscono, perché in una locanda costano pochissimo e in un’altra tanto. Troppo.
Su di lui si favoleggia di tagli incredibili, di provenienze esotiche, di fermentazione nelle cisterne dei camion… leggende metropolitane… che si mescolano con le mezze conoscenze da bar: lo fanno in Veneto, ma i vigneti sono così pochi, come fanno a fare milioni di bottiglie? E il cartizze cos’è? Costa caro ma non ce n’è!? E Conegliano è poi in montagna…?
Troppa confusione: prendo il treno e vado al Forum Spumanti d’Italia 2007, a Villa Cedri, Valdobbiadene. Mi piace pensare di saperne di più. Ce la mettono tutta per farmi desistere: prima le ferrovie statali con i loro ritardi, poi l’ufficio iat di Padova, sgarbato ed idiota (“diamo solo informazioni sulla città”) ed infine i taxi di Montebelluna, che non rispondono al telefono. Sul bus che mi porta a Valdobbiadene ci sono solo stranieri: cinesi, marocchini e brasiliani… Tutti lì a lavorare.
Una volta arrivato, assaggio vini, partecipo a degustazioni, visito aziende (una fra tutte da consigliare è La Tordera: ottimi vini). E comincio a capire. Il prosecco è un vino che si ricava dalle omonime uve. La doc più famosa del prosecco è quella di Conegliano Valdobbiadene. La prima e la più nota. Produce oltre 49milioni di bottiglie (dati 2006) fra vini fermi, frizzanti e spumanti (oltre 40milioni). Di cartizze, che prende il nome da un’omonima località, se ne producono –sempre dati del 2006 del Consorzio- un milione e trecento mila bottiglie: 100 ettari di vigneto e 140 produttori… Non male e sempre in crescita, sia prosecco doc sia cartizze doc..
Come ci ha spiegato una produttrice: “è un vino che piace: ha profumi freschi, corpo magro, bassa gradazione alcolica”. È vero: piace ed è buono. Però nuvole offuscano l’orizzonte. Un successo così, infatti, fa gola a molti. E in molti si sono messi a vendere prosecco, magari IGT italico. Magari fatto in un lontano altrove. Fra i giornalisti al Forum c’è chi diceva che sarà presto il vino più bevuto al mondo, c’è chi parlava di interi pezzi della foresta brasiliana dedicati alla coltivazione di quest’uva, chi ricordava le lattine pubblicizzate dalla Hilton… Nella cartella stampa si legge che anche i tedeschi imbottigliano prosecco (e anche altro visto che sono i maggiori spumantisti al mondo, con oltre 440 milioni di bottiglie. E ne bevono 570!). Tutto più o meno vero, insomma. Ma i produttori di Valdobbiadene possono fare ben poco: la loro denominazione riporta in testa il nome del vitigno. E il vitigno non può appartenere a nessuno. Meglio vanno i produttori di cartizze che gli hanno dato il nome del luogo. Insomma, mentre del DOC C&V ne gira un 40 milioni di bottiglie, di altro prosecco, stimato, ne vendono circa 100 milioni. Con il rischio di “sputtanare” un prodotto buono con tante copie incolori.
Nulla da fare. Hanno ragione i frequentatori dei bar ad avere dubbi ed incertezze. Se volessero cambiare qualcosa, dovrebbero passare dal nome comune a quello proprio: lungo ed impronunciabile: “vorrei un Conegliano Valdobbiadene Prosecco doc, grazie”. Niente da fare: ti prendono per scemo. Studino qualcosa. Da parte mia, qualche rischio lo posso correre, ma se poi mi tirano fuori un vinello qualsiasi cosa faccio: denuncio?

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