Premetto che questo modo di dire mi infastidisce un po’, ma in parte è vero. Io insegno letteratura e non so scrivere un romanzo, io insegno storia ma ho un ruolo pulviscolare nella storia contemporanea… un po’ meglio per il vino: io lo insegno, ma lo bevo anche (però non lo faccio). Comunque… ho pensato a questo modo di dire leggendo le parole di Landini che accusava i dioscuri al potere di parlare di lavoro e povertà non essendo stati mai né lavoratori né poveri…
Un’idea facile da memorizzare, ma a freddo suona assai fragile: dunque io che non scrivo romanzi non posso parlarne, criticarli? io che non faccio film non posso giudicarli? io che non cucino, non posso giudicare piatti e ristoranti? Io che non faccio vino o birra non posso dire la mia? Bah!? Capite che sarebbe la fine di tutto: i produttori si parlerebbero addosso, i consumatori sarebbero ammutoliti di fronte a logiche altrui… sarebbe la dittatura del pensiero unico.
E poi mi soccorrono le parole di Machiavelli a Lorenzo de’ Medici, quando gli dice che le montagne si vedono meglio dalla pianura (vero anche il contrario). Metafora facile da cogliere e secondo me in gran parte valida.
Dunque, ben venga la critica gastronomica ed enologica: saranno i lettori a decidere (e gli elettori a scegliere direi a Landini).
Saluti lucido Niccolò!