B2B: due prodotti allo specchio

Strana organizzazione e strana atmosfera, ieri, a Verbania, all’incontro chiamato “B2B: Barolo e Bettelmatt: mini dibattito sul valore della demarcazione nell’agroalimentare”. Strana organizzazione, perché ho sentito ben tre persone che si attribuivano la paternità dell’ideazione di detto incontro (fra cui una patetica signora che si lamentava che gli avevano portato via “la ‘sua’ comunità montana”, forse –più semplicemente il “suo” incarico); strano incontro, perché non si è capito se era un dibattito (che non c’è stato), una conferenza stampa (ma i giornalisti erano pochini), la presentazione di un accordo di collaborazione (che non è ancora neppure tratteggiato) o una degustazione a pagamento (ma qualcuno ha pagato? Io no). Boh!? Intanto, la poca gente che c’era: una trentina di persone, affollava gli eleganti ma angusti spazi dell’Hotel Ancora di Verbania. Meno male che non è venuta altra gente: c’era già un’atmosfera claustrofobica. Hanno fatto i loro interventi, Giuseppe Paltani, della Provincia; la professoressa (di francese) Renata Salvano, presidente dell’Enoteca Regionale del Barolo; il professor (di che? non ricordo) Gian Mauro Mottini, vice presidente Onaf; e Nicola Argamante, produttore vinicolo, presidente della Strada del Barolo e Grandi Vini di Langa. Cosa si è detto: molte cose interessanti che mi fanno fare alcune considerazioni: al di là dell’assonanza, il barolo e il bettelmatt sono prodotti solo all’apparenza uguali e solo all’apparenza diversi. Non sto farneticando: lo so che uno è un vino e l’altro un formaggio, so anche che sono entrambi famosi prodotti agroalimentari piemontesi e che sono entrambi costosi e buoni; uno del sud e un altro del nord Piemonte. Si assomigliano pure nei numeri: tre comuni e sette alpeggi il bettelmatt, undici comuni il barolo. Dico che sono uguali perché entrambi espressione alta di un territorio, di aree assai piccole ed assai diverse: da una parte il terreno e l’esposizione dei vigneti, dall’altra il suolo (assai minerale) e le erbe e le esposizioni. Idem. Sono dei “cru” territoriali: uno di vigneto ed uno di alpeggio. Entrambi sono prodotti cari, perché desiderati. Più caro, curioso, il bettelmatt: oltre trenta euro al chilo. Più tutelato, però, il barolo, con la sua docg e la sua zonizzazione precisa, quasi maniacale. Più facilmente venduto il bettelmatt (“se ne dovrebbe produrre cinque, venti volte tanto”, ha detto Mottini); meno facilmente il barolo. Più facilmente imitabile il primo, meno il secondo. Ecco, questo è il punto, accennato da Mottini con l’immagine della locomotiva (il bettelmatt) e dei vagoni (gli altri formaggi ossolani): il bettelmatt è il “diamante” di un sistema di produzione non altrettanto conosciuto e promozionato. Un formaggio “frutto di un paio di mesi, un mese e mezzo di lavorazione” e gli altri? Inoltre, ci ha ricordato in privata sede Mottini, il bettelmatt “non è un formaggio dop” e dunque ci si può aspettare di tutto: produzioni straniere che ne prendono il nome, formaggi in “stile bettelmatt” o, ancora più antipatico, produttori locali che spacciano formaggi d’alpeggio o non (magari altrettanto buoni) per lui. Chi controlla? Per il barolo, invece, il problema del momento è il calo dei consumi e la tenuta sul fronte dei prezzi. La tutela c’è già. Unirli nella promozione del Piemonte agroalimentare, come ha suggerito la Salvano, potrebbe allora creare un po’ di problemi al  bettelmatt, ma fare certo bene al barolo. Vedranno, loro.

A Verbania abbiamo assaggiato alcune, piccole realizzazioni con il bettelmatt ad opera del ristorante Marconi di Crodo. Buone. Ma soprattutto due stagioni di bettelmatt: un 2007 ed un 2009; abbinati al barolo docg istituzionale, del 2005. Quest’ultimo, come ha spiegato la Salvano “scelto fra i baroli che meglio rappresentano l’annata di riferimento”. Non dunque, “il migliore” (quello lo sceglie, semmai, il consumatore). Si trattava infatti di un barolo dai profumi chiusi, che facevano fatica ad esprimersi pienamente. Il bouquet, sotto, era complesso ma, sopra, si sentiva soprattutto una nota di marmellata, di fondo di cottura di marmellata che copriva un po’ il tutto: alcol, frutta rossa… In bocca era allappante, magro (o meglio: non troppo corposo), austero, secco ed equilibrato. Non male, discreto. Piacevole. E i bettelmatt? Dolce e morbido il primo; aggressivo, duro e saporito il secondo. Diversamente piacevoli. In uno è l’alcol che porta aromi, nell’altro il grasso. Entrambi in viaggio verso la fama planetaria: speriamo non perdano l’anima.

“non vagare per universi bui

di una falsa coscienza

non andare nel freddo

di un niente che speranza

più non ha.

Hai staccato il tuo segnale

che ti legava alla Terra

ti sei levato dalla rotta

dell’astronave guida

credi di poter andare da solo

nel vero al di là”

(Gordon, I Nomadi)

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