Around Arunda

Come degli elastici, siamo tornati più volte allo stand di Arunda alla Mia di Rimini. L’Innominabile ci teneva proprio. Ma, ogni volta, il piccolo spazio era occupato da amici, clienti, viaggiatori gourmet. E noi lì intorno a girovagare, ad assaggiare senza convinzione birre artigianali, energy drink con presunte qualità afrodisiache… verso sera, proprio poco prima di uscire, ce l’abbiamo fatta e il signor Josef Reiterer (simpatico, magro, con lo sguardo illuminato, i capelli lunghi e grigi, il sorriso aperto e gli occhiali… sembrava un originale scienziato in stile Einstein per capirci!), ecco il signor Josef ci ha accolto e ci ha fatto assaggiare sei spumanti produzione Arunda (www.arundavivaldi.it).

Direttamente dalla cantina di spumantizzazione più alta d’Europa, in Alto Adige, abbiamo assaggiato un Arunda brut del 2005, mix di chardonnay (50%), pinot bianco (30) e pinot nero. Almeno 24 mesi sui lieviti. Profumava di mela, subito (dono del pinot bianco), e poi del floreale e delle note di lievito, crosta di pane. In bocca era fresco, piacevole, pulito. Buono davvero. Soprattutto al naso. Poi abbiamo assaggiato un extra brut del 2006, chardonnay (80) e pinot nero, zero zuccheri aggiunti. Un vino che profumava di dolce, quasi note di latte, di latte e miele, e poi un che di tabacco (Innominabile dixit). In bocca era morbido (nonostante non  avesse zuccheri aggiunti), fresco. Non male. Terzo, un difficile blanc del blanc, solo uve chardonnay del 2004 e del 2005, tirato nel 2006 (cioè, l’inizio rifermentazione in bottiglia). Poi 34 mesi di lavorio dei lieviti. Al naso sa di caramello, di dolce, di tostatura (c’è di mezzo della barrique). In bocca soddisfa di più: è morbido, equilibrato, piacevolmente gustoso con particolari sensazioni che ricordano il gelsomino, la mela… Non male. Quarto spumante, la Cuvée Marianna (la moglie di Josef). Un mix di vini da uve chardonnay e pinot nero, vendemmie del 2003 e 2004, tirate nel 2005. Lunga permanenza in bottiglia, 48 mesi. I profumi un poco spaventano: ricordano il caramello, la tostatura del legno (che non c’è!), l’ossidazione naturale dei vini. In bocca, però, il tutto è ben equilibrato: c’è morbidezza ma c’è anche freschezza. Si fa bere. Non male neppure questo. Quinto, il Millesimato 2004, un taglio di chardonnay (60%) e pinot nero. Affinato per 50 mesi! Al naso i profumi sono un mix di freschezza ed evoluzione: tabacco, tostatura, caramello… In bocca però domina una nota che ricorda la mela, una mela cotta. C’è morbidezza, tanta, ma una freschezza che lo rende facile da bere (ancor più che da annusare). Il suo colore, poi, un bel ramato mi ha ricordato tanti pinot neri assaggiati negli anni. Piacevole. Ultimo, sesto, last but not the least, un Reiterer & Reiterer del 2001, un taglio di schilcher (nome di un vino austriaco prodotto da un’uva a bacca rossa chiamata wildbacher di blazer, qui inteso come nome del vitigno), pinot bianco e pinot nero vinificato in rosè. Un terzo, un terzo ed un terzo. Si tratta di un vino difficile, dai profumi difficili, come a volte mi è capitato di sentire. Sa infatti di gomma, gomma bruciata; una gomma però aromatica in cui puoi riconoscere aromi di ribes, di more, di sottobosco. Più accomodante in bocca dove è subito corposo, morbido ma equilibrato. Piacevole… Che spumante strano… Che nome strano di cantina… Che simpatico ospite… Che serrata degustazione… Ci pensavo ancora, mentre correvo in autostrada verso casa.

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