Al centro calmo nel giro del caos

Io scatto appena suona la campanella: ho da fare, correre, ansimare, innervosirmi… Passo al supermercato perché non c’è più nulla, perché domani sono impegnato, dopo domani anche, nei giorni a seguire pure… Monica si dimentica, Filippo è ancora bimbo (e lo sarà per un po’). Esco con due enormi borse in plastica; entro in banca perché ho dei casini da risolvere: mi guardano divertiti per via delle borse. Ovviamente non riesco: mi chiedono un documento che non ho (è la terza banca). Dovrei andare all’ufficio delle entrate di Verbania. Altro tempo, altro giro…Vorrei essere Hulk per fracassare i loro lindi uffici o per zompare fino là , evitando traffico, parcheggi pieni, file… Esco e corro a casa: ritiro la spesa e nel frattempo telefono all’assistenza della lavastoviglie, perché non funziona. Clicca qui, clicca là: mentre dialogo con un remoto computer, ingollo un toast freddo, un bicchiere d’acqua, due patatine sceme prese al market (ma perché le compro: sanno sempre e solo di sale, di unto? Perché?). Mentre clicco, accendo il computer e guardo la posta. Intanto suona il cellulare: è Aris che mi ricorda l’appuntamento delle cinque e mezza. Guardo l’ora: non manca molto. Arriva un voce umana: le parlo (ha un accento meridionale: chissà dove è? Piove anche là?). Risolviamo. Mi lavo i denti ed esco. Recupero Aris e ci fermiano a ritirare degli inviti per un convegno di cucina. Incontro Mirco e lo invito alla cena che i miei allievi faranno in serata. Poi con Aris arrivo a La Marscida e comincio fare domande, lui a fare foto. Ci offrono uno spumante Ferrari come aperitivo. Buono. Stiamo bevendolo in piedi attorno ad un tavolo, come se dovessimo scappare via. “No”, penso, è ora di staccare. Mi siedo e dopo di me tutti. Ci offrono da mangiare e ci fanno assaggiare due vini alla spina che usano con il menù a prezzo fisso. Ci rilassiamo. Così aprono una bottiglia di birra Baladin, poi un’altra… mentre si taglia un ottimo bettelmatt dell’Alpe Forno (great!). Mi distendo, sorrido e parlo; Aris sarebbe in dieta, ma anche lui mi appare più rilassato. Ci lasciamo dopo un’ora, sgancio Aris e me ne vo a cena. Mirco arriva più o meno quando arrivo io. Incontriamo una coppia di docenti di Stresa: lui tarantino e lei veneta. Entrambi hanno portato del vino. Ci sediamo e, mentre assaggiamo i balbettii gastronomici dei pueri, parliamo di vino ed assaggiamo. Fra un bicchiere ed un altro cazziamo i giovani che levano male le capsule. E diamo retta al prof tarantino che ha portato del vino fatto in casa. “Naturale, completamente naturale” ci dice. Ecco, siamo alle solite… Il vino come era?  Il profumo a me ricordava la china, Mirco lo liquidava come “puzza”, Damiano (in front of us) lo definiva “persistente”. Assaggiatolo, per Damiano era “amarognolo”, per Mirco “disequilibrato e tannico”, per me “asciutto ed amaro”.  Il prof ci diceva essere un mix di lacrima e malvasia. Alla fine del caos, nel cuore del centro calmo, ho trovato la voglia di scrivere delle note: “mattonato, tanto alcol al naso, confettura di amarene e un che di selvatico. In bocca è asciutto, fresco, con nota di amaro e un lieve sapore strano, come di medicinale”. Ma nel centro calmo non riesco neppure ad essere coerente: lo finisco a piccoli sorsi; suscitando il sorriso di compiacimento del prof. E domani? Domani caos…

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