A Proposito di Foraging

Sono dovuto andare a Torino, al Salone del Gusto, per scoprire durante la conferenza “Insetti ed “erbacce” nei nostri piatti” che sono un patito del “foraging”, ovvero della raccolta di frutti e piante spontanee commestibili. In effetti, dalla primavera all’autunno, è un susseguirsi di raccolte: crescione, tarassaco, ortica, sambuco, acacia, fitolacca, germogli di pungitopo, fiori di trifoglio, buonenrico, more, lamponi, mele e prugne inselvatichite, funghi prataioli, castagne, noci, funghi del sottobosco… un gran lavare, cuocere, provare, fare marmellate… Non mi ero mai accorto che il “foraging” costituisse un “items” della moderna discussione sul cibo. Anche in vista dell’Expò 2015 che avrà il tema di “Nutrire il Mondo”.
Ovvio che sono un adepto del “foraging” vegetariano e neppure riesco a prendere in considerazione l’alimentazione con gli insetti e piccoli anfibi, come suggerito e dimostrato durante la Conferenza. Ho degli irrazionali tabù alimentari e, coscientemente, me li tengo. Non pratico la pesca e neppure la caccia, ma siccome si paga non so se possa parlare di “foraging”.
Certo che la percentuale del cibo che mangio proveniente dal “foraging” è assai bassa. Se non ci fossero le marmellate che uso a colazione, sarei tendente allo zero. Ben al di sotto del 20 – 40% delle comunità rurali dell’India, come detto durante la Conferenza. Né è facile aumentare la percentuale: se le verdure non se le “fila nessuno” e sono abbonanti: chili di ortica, fitolacca, fiori… ben diverso è il caso dei funghi e delle castagne che godono di un abbondante codazzo di appassionati che spazzolano un po’ tutto fin dalle prime ore dell’alba…
Le verdure spontanee potrebbero anche essere di più, ma è difficile trovare persone che sappiano davvero e che ti accompagnino nei boschi e nei campi e ti indichino più e più volte le piante commestibili, per non fare errori velenosi. La Rete è follia. I libri all’uopo sono pochi e, comunque, è difficile passare da foto a pianta. Ci vuole grande attenzione e uno che indichi e spieghi rende di più. Piano piano, con pazienza, investimento economico e rompimento altrui, ci si fa un bagaglio di conoscenze e di utilizzi. Anche andare ad una Conferenza nel Salone, sperando che ti passino delle informazioni utili fa parte degli investimenti di questa passione curiosa.
Già, gli utilizzi: poche le ricette e assai note. Oppure da fantasia macrobiotica e vegana. Ottentotti o Parigini. Ricette da terzo stato poche e poca sperimentazione disponibile e replicabile. Se si vuole che il “foraging” diventi un “items” della futura alimentazione democratica e giusta, si dovrà investire in conoscenze diffuse, nei campi come nelle cucine.
Se fossi il capo di un clan bisognoso di calorie a costo zero, però, più che sul “foraging” verde investirei sul “foraging” urbano. Il caso del Salone del Gusto è emblematico: girovagando fra le bancarelle ho assaggiato (e anche comprato) decine di prodotti. Accumulando un bel po’ di calorie a costo zero. Basta guardarsi in giro: di Salonini del Gusto ce ne sono ovunque, magari non troppo lontani, con migliaia di calorie disponibili a costo zero. Più facile comunque che camminare per ore, guardare con attenzione, pulire, cucinare… Ma certo meno naturale, meno salubre. Meno giusto.

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